Miastenia gravis e gravidanza

Premessa

I dati epidemiologici evidenziano che la miastenia gravis (MG) presenta un picco di incidenza, nel sesso femminile, nella terza decade, ne consegue che la maggioranza delle donne ne risulta affetta durante l’età fertile. Il rapporto tra MG e gravidanza è bidirezionale infatti è noto che la gravidanza è uno dei vari fattori che, potenzialmente, può determinare la slatentizzazione o l’aggravamento dei sintomi miastenici cosi come la malattia e i trattamenti farmacologici necessari, possono influire sull’andamento della gravidanza e sul nascituro. È pertanto importante conoscere attentamente questi aspetti per poter personalizzare al meglio la terapia farmacologica, programmare la gravidanza nel momento migliore, per minimizzare i possibili rischi per la madre ed il bambino, con un approccio personalizzato e multidisciplinare tra l’equipe neurologica, ostetrica e pediatrica. Anche dopo una gravidanza ed un parto fisiologici è necessario effettuare un attento monitoraggio della madre e del bambino nel periodo post-partum sia per riconoscere precocemente e trattare eventuali segni di peggioramento della malattia nella madre sia per identificare iniziali segni di transitoria disfunzione della placca neuromuscolare nel bambino, causati dal passaggio transplacentare degli anticorpi materni o eventualmente segni di tossicità farmacologica determinata dalla presenza di farmaco nel latte materno.

MG e gravidanza

Se è vero che in un 20-30% dei casi la MG si slatentizza o peggiora durante la gravidanza di converso ne deriva che, nel 70-80% dei casi, le donne, durante la gravidanza, sperimentano una stabilità o addirittura un miglioramento clinico.

La severità della malattia all’inizio della gravidanza non si è dimostrato essere un fattore predittivo rispetto alla possibilità di peggioramento o miglioramento.

Nei casi ad insorgenza durante la gravidanza, la necessità di valutare l’eventuale presenza di neoplasia timica e nel contempo di proteggere il feto dal rischio radiologico, può essere ottemperata scegliendo di eseguire uno studio del torace con risonanza magnetica e rinviando, se possibile ed in particolare nel caso di forme di MG sieronegativa, la TC del torace con mezzo di contrasto, nel post partum.

L’aumento delle dimensioni del feto, l’aumento della pressione addominale e l’elevazione del diaframma durante le fasi finali della gravidanza possono influire negativamente sulla dinamica della respirazione ed è pertanto importante il monitoraggio della funzionalità respiratoria in queste fasi.

La funzionalità della muscolatura liscia uterina non è compromessa dalla malattia quindi, la prima fase del travaglio si svolge normalmente; durante la seconda fase, quando è coinvolta la muscolatura striata, alcune donne posso sperimentare stanchezza e necessitare di assistenza al parto ed eventualmente respiratoria.

MG e salute del bambino

non vi sono evidenze epidemiologiche che i bambini di madri affette da MG abbiano un rischio aumentato di ammalarsi di MG

Il possibile passaggio transplacentare degli autoanticorpi materni può determinare una debolezza muscolare del feto in utero, con riduzione dei movimenti fetali e con possibili complicanze quali polidramnios o più raramente, artrogriposi multipla congenita.

Circa il 10-20% dei bambini sviluppa i segni di una MG transitoria neonatale che si manifesta con ipotonia generalizzata, difficoltà della suzione e della deglutizione; tali sintomi insorgono generalmente dopo poche ore dalla nascita per risolversi in circa un mese. In questi casi può essere necessario il supporto ventilatorio e la nutrizione con sondino nasogastrico. Il trattamento farmacologico con Piridostigmina (0.5-1 mg/Kg) in dosi frazionate, somministrate 30 minuti prima dei pasti può migliorare la suzione e ridurre il rischio di ab ingestis.

Il trattamento farmacologico in gravidanza

Come criterio generale la severità e la distribuzione dei sintomi dovrebbe guidare le scelte terapeutiche per le donne gravide o che stanno programmando una gravidanza.

Le pazienti con recente diagnosi di Miastenia Oculare (MO) o MG lieve hanno, nei primi 2-3 anni di malattia, un aumentato rischio di generalizzazione o aggravamento dei sintomi pertanto può essere consigliabile posticipare la gravidanza anche per valutare meglio la risposta al trattamento.

La formulazione orale di piridostigmina è la prima linea di trattamento durante la gravidanza, nelle forme lievi che si beneficiano del solo trattamento sintomatico; le formulazioni endovenose sono da evitare per la possibile azione sulla muscolatura uterina.

Il prednisone è il trattamento di prima scelta quando il grado di attività della MG è tale da rendere necessario l’inizio di un trattamento immunosoppressivo.

I dati di letteratura ci dicono che l’azatioprina e la ciclosporina sono relativamente sicure durante la gravidanza, quando i sintomi non sono adeguatamente controllati dai trattamenti di prima linea (piridostigmina orale e prednisone) o quando coesistono intolleranze o comorbidità che ne controindicano l’utilizzo. Su questo giudizio non è però stato ancora raggiunto un unanime consenso della comunità scientifica, tanto che queste due molecole sono gli immunosoppressori non steroidei di prima scelta in Europa mentre non lo sono negli Stati Uniti dove, per dati derivati da un piccolo numero di studi su animali e pochi case report, l’uso di questi immunosoppressori in gravidanza è sconsigliato. Al contrario micofenolato mofetile e methotrexate sono unanimemente considerati controindicati in gravidanze per il loro documentato rischio teratogeno (associazione con specifiche sindromi malformative).

In caso di aggravamento clinico la plasmaferesi o le immunoglobuline nonostante possano aumentare la viscosità e quindi la coagulabilità ematica, possono essere usate in sicurezza quando sia necessario ottenere un rapido, anche se transitorio, miglioramento sintomatologico.

 

Travaglio e parto

Il parto naturale è l’obiettivo che si deve porre l’equipe multidisciplinare e deve essere attivamente incoraggiato sebbene non vi siano controindicazioni al parto cesareo.

La MG non interferisce con la prima fase del travaglio, quando è preminente l’attività della muscolatura liscia uterina, mentre, durante la seconda fase, quando è necessario una maggiore attività a carico della muscolatura striata, possono manifestarsi segni di esauribilità muscolare. In questa fase l’utilizzo della piridostigmina orale può dare beneficio.

L’equipe ostetrica deve comunque essere allertata per sostenere la madre in caso di difficoltà, eventualmente anche con un supporto ventilatorio.

Durante il travaglio non vi sono controindicazioni all’anestesia loco-regionale.

Il solfato di magnesio è controindicato per la gestione dell’eclampsia gravidica mentre la fenitoina ed i barbiturici sono consentiti.

Non sono descritte correlazioni tra il tipo di parto e eventuali esacerbazioni della MG nel puerperio.

 

MG nel post-partum

È possibile assistere ad una esacerbazione della MG nelle 6-8 settimane successive il parto e pertanto è necessario uno stretto follow up medico durante questo periodo

Un altro problema che si pone nel post-partum è quello del trattamento in relazione al possibile secrezione dei farmaci nel latte materno.

La piridostigmina, il prednisone e prednisolone possono essere utilizzati in sicurezza durante l’allattamento poiché escreti in percentuali molto basse, senza rilevanza clinica mentre sono controindicati, per possibili eventi avversi o per insufficienti dati di sicurezza, gli altri immunoppressori non steroidei.

 

CONCLUSIONI

In conclusione le donne affette da MG possono aspirare ad una maternità piena, soddisfacente e sicura, se seguite da una equipe specialistica multidisciplinare con cui stabilire una alleanza terapeutica forte e con cui identificare il momento migliore e l’assetto terapeutico più sicuro per affrontare la gravidanza ed il puerperio; è inoltre indispensabile che l’equipe multi disciplinare sia in grado di monitorare attentamente la madre ed il bambino durante la gravidanza ed il parto cosi come nelle settimane successive, per rispondere rapidamente ad eventuali aggravamenti della malattia, o difficoltà del bambino.