Il ruolo del caregiver

Il termine anglosassone caregiver indica “chi, a livello familiare o professionale, presta assistenza a un malato”. Attribuendo un significato italiano al termine, potremmo dire che a livello etimologico, ma anche pratico, il caregiver è “chi dà” (giver) “cura” (care).

In tutti i contesti di cura, dall’oncologia e le cure palliative, nei pazienti con malattie degenerative fino alla gestione dei soggetti anziani, il ruolo del caregiver professionale o informale, ovvero che si tratti di un operatore di cura o di un familiare, risulta spesso un elemento fondamentale sia per la funzione supportiva psicologica che svolge nei confronti del paziente, sia per la garanzia aggiuntiva che apporta al decorso della malattia e delle relative terapie farmacologiche e non.

 

Chi è il caregiver?

Il caregiver è informalmente la figura di riferimento con cui gli operatori sanitari delle strutture di cura si confrontano frequentemente per condividere il percorso di cura del paziente. Soprattutto nei contesti in cui il paziente non è in grado di svolgere e descrivere le proprie attività giornaliere in modo autonomo, il caregiver svolge un ruolo non solo per la gestione della sua vita quotidiana ma anche per aiutarlo a definire con i curanti un piano di assistenza individuale che risponda ai suoi bisogni e desideri. È quindi fondamentale per gli operatori poter identificare il prima possibile questa figura nel piano di gestione di un paziente.
Laddove il caregiver non sia un familiare, o comunque dove il familiare non possa svolgere l’attività di supporto nell’arco totale delle 24 ore, questo ruolo è spesso ricoperto da figure professionali, solitamente personale infermieristico o badanti. L’importanza degli operatori professionali nei contesti di cura dei pazienti è fondamentale soprattutto quando:

– I familiari non si sentano in grado di fornire il supporto necessario, sia per motivazioni di natura pratica che psicologica ed emotiva

– I familiari non possono garantire una presenza costante

– Vi siano altri malati in famiglia di cui prendersi carico

In Italia al caregiver non sono richieste particolari competenze: spesso ai familiari viene richiesto di stare accanto ai pazienti ed essere di aiuto nei piccoli gesti di tutti i giorni se le forze verranno meno o se la persona malata dovrà stare a letto. Tuttavia, è importante nel triangolo relazionale tra paziente, caregiver ed equipe, che quest’ultima si occupi anche di fornire, dai medici agli infermieri fino agli assistenti sociali un supporto formativo alla figura del caregiver nel suo ruolo di sostegno costante ai soggetti più fragili.

 

Il concetto di “prendersi cura”

Il ruolo del caregiver, quindi, non si esaurisce soltanto nell’assistere il malato nelle sue attività quotidiane, ma anche nel fornire all’equipe sanitaria una visibilità dei momenti in cui essa non è presente, per esempio per i pazienti domiciliati, e soprattutto nel fornire supporto al paziente per quanto riguarda il carico emotivo che una malattia, oncologica, degenerativa o traumatica, porta.

Si può affermare che al caregiver, benché non venga richiesto di avere particolari competenze né di saper gestire autonomamente il percorso terapeutico di un paziente, spetti il compito di prendersi cura del malato in maniera continuativa e costante durante tutte le giornate. Ma cosa significa “prendersi cura” dell’altro?
Il concetto della cura potrebbe essere definito come l’attitudine a integrare competenza tecnica e sensibilità umana, basandosi su un aspetto costitutivo dell’esistenza che è quello della relazione. Il ruolo centrale del caregiver risiede quindi nell’instaurare una relazione col malato, sia esso un familiare o un cliente, affiancando al supporto meccanico il sostegno psicologico ed emotivo attraverso dedizione, premura e sollecitudine, in una posizione antitetica rispetto all’indifferenza della routine dei gesti quotidiani. Per questo motivo, la cura del caregiver nei confronti dell’altro dev’essere concettualmente rivolta al malato prima che alla malattia, non precludendo al soggetto la serenità e la speranza anche quando le differenze fisiche e psichiche sembrano dominare la visione del futuro.

Rischi e tutela del caregiver

La vita emotiva si presenta come un’importante risorsa che il caregiver deve sapere coltivare affinché sia possibile accompagnare la persona con discrezione nei percorsi esistenziali. Tuttavia, benché l’operatore sia affiancato dall’equipe sanitaria nello svolgimento delle mansioni più complesse e non venga richiesta la capacità di svolgerle autonomamente, la presa in carico della realtà emotiva del paziente e di tutte le sue difficoltà pone il caregiver di fronte a un lavoro intensamente problematico e a un elevato rischio di incorrere a sua volta in un sovraccarico fisico ed emotivo.

Il burnout è una sindrome riconosciuta nell’undicesima revisione dell’International Classification of Disease (ICD) e definita dall’OMS come un fenomeno occupazionale derivante da stress cronico associato al contesto lavorativo e caratterizzato da una serie di fenomeni di affaticamento, delusione, logoramento e improduttività che sfociano in prostrazione e disinteresse per la propria attività professionale quotidiana. La sindrome del burnout è generalmente riassumibile in:

  • Esaurimento emotivo
  • Mancata realizzazione personale
  • Depersonalizzazione

Nel caso specifico del caregiver, si può quindi parlare di Caregiver Burden, quando quest’ultimo va incontro a sintomi quali alti livelli di insonnia, irritabilità, rabbia, senso di colpa e depressione, andando a influire negativamente anche sulla vita del paziente.