Le miastenie congenite

Le miastenie congenite, da definire più appropriatamente sindromi miasteniche congenite (CMS), sono un gruppo complesso ed eterogeneo di malattie ereditarie causate da alterazioni di diverse componenti di quella struttura anatomica altamente specializzata che consente la trasmissione del segnale tra il nervo motorio e il muscolo per garantire la contrazione muscolare, che si chiama placca motrice  o giunzione neuromuscolare.

Il malfunzionamento della giunzione neuromuscolare provoca debolezza muscolare, accentuata dall’esercizio, che abitualmente esordisce alla nascita o in età infantile. La prevalenza, cioè il numero di casi nella popolazione in un dato momento, è stimata intorno a 1 su 500.000 in Europa e si tratta di malattie assai più rare della miastenia gravis (malattia acquisita autoimmune), nella quale l’alterazione della placca è causata da un’aggressione da parte del sistema immunitario del soggetto malato.

La placca è costituita dalla terminazione dell’assone nervoso (parte pre-sinaptica), da uno spazio detto intersinaptico e dalla fibra muscolare (spazio post-sinaptico). La trasmissione neuromuscolare avviene grazie al rilascio, in conseguenza della stimolazione nervosa, di molecole di acetilcolina (ACh), abitualmente contenute in vescicole poste nella terminazione assonale. Tali molecole, una volta rilasciate nello spazio intersinaptico, si legano quindi ai recettori per l’acetilcolina (AChR), situati nella parte corrispondente della membrana muscolare, attivando in tal modo l’apertura di canali ionici (cioè per ioni, quali il sodio e il potassio), che a loro volta attivano una serie di reazioni, fino a portare alla contrazione muscolare.
Naturalmente l’attivazione deve avere un termine e così le molecole di acetilcolina vengono rapidamente eliminate dallo spazio intersinaptico ad opera di un enzima chiamato acetilcolinesterasi, per poi essere ricaptate a livello presinaptico e ricostituite nelle vescicole, fino a ridar vita a successive stimolazioni.

Classificazione
Questa breve e semplificata premessa è essenziale per la comprensione dei meccanismi che stanno alla base di queste malattie e per la loro classificazione. Da segnalare che quasi tutte le CMS sono trasmesse con modalità autosomica recessiva (per ammalarsi il soggetto deve avere due copie del gene mutato), eccetto la forma da canale ionico lento e rarissime forme recentemente descritte, nelle quali la trasmissione è di tipo autosomico dominante, cioè un soggetto affetto ha la probabilità del 50 % di trasmettere la malattia alla generazione successiva. La conoscenza di queste malattie, soprattutto in relazione all’applicazione di nuove metodologie d’indagine genetica, è andata sempre più migliorando nel corso degli ultimi anni e ad ora sono stati identificati circa 30 geni le cui mutazioni sono responsabili di CMS. In relazione alla classificazione, le CMS vengono fondamentalmente classificate come segue

  • Forme dovute a difetti presinaptici(difetti nella sintesi di acetilcolina, da scarsità di vescicole presinaptiche, miastenie congenite simil-sindrome di Lambert-Eaton)
  • Forme dovute a difetti sinaptici(deficit di acetilcolinesterasi a livello della placca; viene interessata la componente nota come ColQ dell’enzima)
  • Forme dovute a difetti post-sinaptici, che costituiscono il gruppo più numeroso (anomalie cinetiche dei recettori per l’acetilcolina – sindrome del canale lento, sindrome del canale veloce – deficit di recettori per l’acetilcolina – anomalie delle sub-unità dei canali del sodio, forme legate ad alterazione di geni che codificano per altre proteine della placca come la rapsina e la proteina DOK-7). Nell’ambito di questo gruppo sono poi da includere alcuni tipi di miastenia congenita caratterizzati da alterata “glicosilazione” di proteine (aggiunta di residui zuccherini a molecole proteiche), come la GFPT1, DPAGT1, spesso caratterizzate dalla presenza di alterazioni riscontrabili alla biopsia muscolare (aggregati tubulari) e con un particolare coinvolgimento dei muscoli prossimali dei 4 arti (cingolo scapolare e pelvico), tale da configurare una condizione “miopatica”. Esistono tuttora forme di miastenia congenita non completamente caratterizzate.

 

Caratteristiche cliniche

Ci limitiamo a dare qui di seguito alcune indicazioni generali su questo vasto gruppo di patologie, tentando di identificare le caratteristiche cliniche che le accomunano. Le varie CMS hanno aspetti clinici comuni. L’esordio, infatti, è generalmente precoce e solo rari casi sono stati riportati con un esordio più tardivo (adolescenza o perfino in età adulta). I sintomi principali sono l’oftalmoplegia (paralisi della muscolatura oculare), la ptosi palpebrale (palpebre “abbassate”), la disfonia (alterazione del timbro della voce), le difficoltà di deglutizione, la paralisi della muscolatura facciale e la fatica muscolare precoce. Nella prima infanzia il quadro è dominato dall’ipotonia, dalla scarsa mimica del volto, dalla difficoltà di suzione e da pianto debole. In realtà questi sintomi sono comuni a molte malattie neuromuscolari che si manifestano nella prima infanzia (ad esempio alcune miopatie congenite), ma caratteristici delle CMS sono gli improvvisi peggioramenti, legati all’esercizio o ad episodi febbrili. Come conseguenza, poi, del difetto di forza e della scarsa motilità, si associano in genere retrazioni tendinee, atrofia muscolare, aspetto peculiare del volto e scoliosi. La severità delle CMS è molto variabile e il principale fattore di rischio è costituito naturalmente dalle crisi respiratorie che possono essere scatenate da infezioni anche banali e che sono particolarmente frequenti nei primi mesi di vita, soprattutto in alcune forme come quelle presinaptiche da deficit della sintesi dell’acetilcolina. Se non adeguatamente trattati con il necessario supporto respiratorio, tali episodi possono portare alla morte o a gravi disabilità secondarie a fenomeni di anossia cerebrale. L’andamento di tali malattie è variabile anche nel singolo caso, da periodo a periodo, anche in relazione alla risposta alla terapia; è frequente, specie in alcune forme, un miglioramento dopo i primi mesi di vita.

Diagnosi e trattamenti

La diagnosi, oltre che fondata sul sospetto anamnestico e sulla base dell’esame clinico, si basa sull’esame neurofisiologico (elettroneurografia con test della stimolazione nervosa ripetitiva, elettromiografia di singola fibra e convenzionale) e sulla caratterizzazione genetica (da un semplice prelievo di sangue). La biopsia muscolare può risultare utile nella diagnosi differenziale rispetto a forme miopatiche di altra natura, oltre che a rivelare alcune alterazioni suggestive di CMS, come per la presenza di aggregati tubulari. Per quanto riguarda infine la terapia, va detto innanzitutto che essa è estremamente complessa, molto specialistica e deve essere adattata caso per caso. Varie forme rispondono alla somministrazione di anticolinesterasici (piridostigmina, neostigmina), ma nella sindrome del canale lento o da deficit di acetilcolinesterasi, ad esempio, queste stesse sostanze possono determinare addirittura un significativo peggioramento dei sintomi. Altri farmaci utili possono essere il salbutamolo e l’efedrina, con risultati sorprendenti, specie nelle forme da mutazione DOK-7, la fluoxetina nella CMS da canale ionico lento, e la 3-4 diaminopiridina in altre forme. A parte la piridostigmina e la neostigmina, tutti gli atri farmaci menzionati, vengono prescritti al di fuori delle loro indicazioni terapeutiche (off-label).   Elementi essenziali del trattamento sono rappresentati dal supporto respiratorio, della deglutizione, dalla fisiochinesiterapia ed è comprensibile quanto l’approccio multispecialistico e multidisciplinare sia determinante per la corretta gestione della malattia, per la “formazione del  caregiver” ai fini dell’ottimizzazione della qualità di vita del soggetto affetto.

 

Bibliografia

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